La storia del ragazzo di Deruta cresciuto nel vivaio rossoverde: era considerato un predestinato, aveva doti e classe. Lo strano rapporto con Liedholm
Claudio Valigi è stato un buon calciatore, uno migliori cresciuto nel vivaio della Ternana a metà degli anni Settanta: aveva classe, maturità, visione di gioco e gli si era anche proposta una occasione d’oro con la Roma. Le cose non sono andate come forse pensava ma la sua è stata una carriera degnissima, fatta di tanta serie B in mezza Italia con prestazioni eccellenti. Dopo una sessantina di presenze in prima squadra a corollario della sua formazione con le giovanili rossoverdi, proveniente da Deruta, venne venduto alla Roma per una cifra importante, una scelta determinata dalla sua visione di gioco molto chiara: non era un fulmine di guerra ma un giocatore dalla “testa alta”, che vedeva lo sviluppo del gioco prima di altri.
Assomigliava a Falcao, un paragone che sembra adesso esagerato, ma che allora non lo fu. Mise a referto ben tredici gare in quell’annata, quella del secondo scudetto, sempre sostituendo il “divino”. Quando fu chiamato a farlo, non sia considerato blasfemo, non lo fece rimpiangere. Né lui e nemmeno Ancelotti. Ebbe però un rapporto strano con Niels Liedholm, l’allenatore il quale, scaramantico in maniera ossessiva, lo voleva sempre vicino a sé nella panchina, a prescindere dalle esigenze del campo, in quanto lo considerava coperto da una buona stella.
Comunque sia la dirigenza della Roma non ritenne di confermarlo e per lui si chiuse il palcoscenico della serie A; venne però venduto con l’aureola del predestinato. Non fu così ma non declinò per niente, dal momento che giocò, in maniera fruttuosa con Perugia, Padova, dove si fermò a lungo esprimendosi da par suo, conquistando pure una promozione, Messina ed altre squadre, quasi sempre nella cadetteria. Percorse la carriera di allenatore e dopo qualche esperienza in maniera diretta, a Mantova, per esempio, entrò nello staff di Mimmo Di Carlo ed attualmente è vice allenatore al Lanerossi Vicenza.