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Ternana, sei stata la rivincita di Carapellese

Una vita e una carriera segnate dai fantasmi del Grande Torino e di Valentino Mazzola, che non è mai riuscito a sostituire nei cuori granata. Ma si riscattò alla grande da allenatore in rossoverde

Riccardo Carapellese è stato un attaccante “segnato” dalla tragedia del “Grande Torino. In primis, quando era giovanissimo, dovette andare via dalla città sabauda, nonostante fosse cresciuto nelle giovanili granata,  perché non avrebbe avuto spazio: lui sarebbe stato l’eterna riserva di Valentino Mazzola. Il segno continuò poi, quando la tragedia di Superga cancellò la squadra più forte d’Europa.

Carapellese venne richiamato a gran voce al Torino, ne diventò capitano e vestì la maglia numero dieci, quella di capitano. Ma non era Mazzola e non per colpa sua. Si impegnò anche in Nazionale e sino al 1956 vi giocò per sedici volte partecipando pure al campionato del mondo in Brasile. Intendiamoci, Carapellese era un ottimo giocatore ma il continuo confronto con i maestri del Torino ne ridusse, e di molto, la popolarità.

Di fatto giocò con il Gotha del calcio italiano, Juventus, Milan, Torino ed infine Catania, nella fase discendente della carriera. E proprio alle pendici dell’Etna appese gli scarpini al chiodo. Qualcuno potrà anche chiedersi, a ragione, cosa c’entri Carapellese, il “Carappa” nazionale, con la Ternana. Ecco svelato l’arcano: gli scarpini li riprese due anni dopo, nel 1961, per fare l’allenatore-giocatore della Ternana, che nelle sue cicliche cadute era discesa sino all’inferno della Serie D.

Ebbene, con lui in panchina, i rossoverdi vinsero alla grande il torneo del 1963. L’anno dopo se ne andò da Terni per allenare la Salernitana, in serie C, per scendere in Campania dopo un periodo di inattività. Non fu fortunato in vecchiaia, malato di Alzheimer e costretto in miseria. Morì a Rapallo nel 1995, lasciando dappertutto un bel ricordo, perché il ‘Carappa’ forse non era un campionissimo coi piedi ma un gran signore nei modi e nei comportamenti.

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