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La Ternana e l’epopea ungherese: dalle rive del Danubio alla panchina delle Fere

Agli albori del calcio rossoverde, arrivarono in città alcuni ex calciatori della celebre scuola, che in quegli anni prendeva forma. Con alterne fortune, allenarono il club

C’era un tempo in cui, prima ancora che in Italia – e poi in Europa – scoppiasse la moda dei ‘maestri’ ungheresi a Terni si respirava già l’aria del calcio magiaro. Parliamo degli albori del pallone a Terni, ma certo si può ben dire che un contributo importante, sul piano tecnico, alla nascente Ternana, lo donarono anche gli alfieri danubiani del pallone.

Calcio in crescita, già in quegli anni, anche se il periodo d’oro, quello degli Hidgekuti, dei Kubala e dei Puskas arriverà tre lustri dopo. I club italiani però, smaniosi di aumentare il tasso tecnico di un pallone che fra le due guerre trovò la prima grande spinta, non si facevano scrupoli a guardare oltreconfine. A Terni ne arrivano tre, uno dei quali nel doppio ruolo di giocatore e allenatore.

TRE RUOLI IN UNO Robert Winkler giunge in quella che ancora si chiamava US Terni dal Livorno, nell’estate 1926, a 26 anni appena compiuti. Uno scudetto vinto due anni prima con il mitico MTK e una presenza in Nazionale, 20 gol col Modena in due stagioni. Dopo un breve passaggio a Livorno, giunge a Terni fresco capoluogo di provincia, per cominciare la carriera da allenatore: è lui a guidare la squadra in II Divisione girone Sud, di tanto in tanto concedendosi il lusso del campo, giocando sia nel suo ruolo abituale di centrocampista che in porta.

Il magiaro lascerà Terni con un campionato vinto (il primo) e un secondo posto, per tornarvi nella stagione 1932-33: il nome era già Ternana, il campionato era lo stesso che aveva lasciato, a fine stagione passerà al Cagliari.

RILANCIO  Nel 1937 arriva sulla panchina di quella che allora si chiamava Borzacchini Terni Bela Karoly: lunga carriera da calciatore nel Milan, meno fortunato da tecnico dove prima di Terni gira l’Italia. Arriva in cerca di riscatto dopo due annate grigie a Taranto e Foggia e prende in mano una squadra che milita nell’equivalente della nostra serie D: promozione e vittoria della Coppa del Centro Italia gli valgono la riconferma l’anno dopo, quando però sul finale di stagione viene esonerato e rimpiazzato da Ancillotto Ancillotti.

Va meno bene ad Eugenio Takas, al quale la nuova dirigenza della Ternana, nell’immediato dopoguerra (1946-47) affida le chiavi della squadra promossa in B per meriti sportivi: l’obiettivo è quello di tentare la scalata alla serie A ma il cammino si rivela più complicato del previsto e il magiaro viene esonerato dopo 13 partite: i rossoverdi , affidati poi a Pagnrazi chiudono secondi a -3 dalla Salernitana.

L’ORIUNDO… FORZATO. Sul passaporto di Janos Nehadoma, che guida la Ternana neopromossa in IV Serie nel 1954-55, c’è scritto invece Giovanni Necadoma. E in quel nome italianizzato c’è tutta la sua storia. Fu la Pistoiese a portarlo in Italia nel 1925, pescandolo nella natìa Ungheria, contravvenendo però alle leggi fasciste che vietavano l’ingaggio di stranieri. Così fu costretto ad emigrare a Brooklyn dove un tecnico austriaco, Schoenfeld, guidava la più forte squadra americana del tempo.

Al suo ritorno a Pistoia riesce ad ottenere grazie ad un gerarca fascista la naturalizzazione, ma in ossequio alla direttiva che italianizzava tutti i nomi (persino Louis Armstrong divenne Luigi Braccioforte…) fu costretto a mutare anche il suo. In rossoverde arriva nel tentativo di rilanciare una carriera da tecnico non brillante ma l’operazione non riesce: chiude il campionato a metà classifica e non viene poi riconfermato.

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3 anni fa

Sarà per questo che una squadra giovanile degli anni 60 si chiamava Vasas ? Poi diventata Gianfardoni .

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