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Lucarelli, oggi tecnico delle Fere, ieri “stagista” nel Grifo

Le giovanili nel Perugia, Gaucci che gli dava 300 mila lire al mese, lo scambio con Negri, l’esperienza da mister durata meno di un’estate.

Mister Cristiano Lucarelli e il Perugia. Per l’allenatore odierno della Ternana, il passato da Grifone è un passato, come dice lui, da “stagista“. Ha fatto lo stagista prima da calciatore e poi lo ha fatto pure da allenatore. Sempre a Perugia. Sono state, infatti, due esperienze di inizio carriera, per di più durate poco.  “Ma conservo della città e della piazza un bel ricordo – ha detto l’allenatore nella conferenza stampa dopo il derby – e non ho recriminazioni e né rancori, anche se un po’ di rammarico c’è. Santopadre? nessun problema, con lui. Lo ho incontrato e lo ho salutato cordialmente“.

IL PRIMO STIPENDIO. Due esperienze in cui Lucarelli si è trovato ad essere alle prime armi. Apprendista stregone. Prima come calciatore e poi come tecnico. Da calciatore, infatti, militò proprio nelle giovanili del Perugia. “Ci sono cresciuto, a Perugia – dice – e, siccome ho una mentalità da curvaiolo, io non dimentico nemmeno chi mi pagava il mio primo stipendio. Gaucci mi dava 300 mila lire al mese. Ma mi ha dato comunque l’opportunità per diventare un calciatore importante. Ero alle soglie della prima squadra, ma poi decisero di prendere Negri e venni ceduto al Cosenza, nell’ambito di quella operazione. In Calabria, però, cominciai pure la mia bella carriera“.

LA SCINTILLA. Una cosa simile, gli è successa da allenatore. “Evidentemente – dice Lucarelli – era destino, che io a Perugia dovessi fare lo stagista prima da calciatore e poi da allenatore“. Da tecnico, venne ingaggiato nell’estate 2013, in Lega Pro, con il Perugia che mirava a salire in B. Ci salì, in B, Ma con Andrea Camplone in panchina, visto che il livornese venne esonerato in estate poco dopoo il suo ingaggio e prima ancora che il campionato cominciasse. “Forse – ammette ora Lucarelli – non ero ancora pronto.  Non lo ero caratterialmente. Ero ancora un po’ fumino, in quanto non ero entrato ancora nelle logiche di un allenatore e mi comportavo ancora da giocatore. Peccato. Però, sono stato felice, alla fine, che quella squadra fatta anche da me ha poi vinto il campionato. A far accendere le scintille, pure nel calcio, si deve essere in due“.

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