Intervista a tutto campo col figlio d’arte, ex portiere rossoverde ed oggi conduttore tv. L’anno con le Fere e quelli nelle altre piazze, il Sanremo ‘rimosso’, la nuova vita artistica e il sogno di tornare sul campo, ma in altra veste
La terza vita di Francesco Rapetti passa dalla televisione: la presenza fissa a Mattino 5, le tante conduzioni di programmi sull’emittente veneta nazionale Canale Italia e di spettacoli in giro per l’Italia (oltre alla partecipazione nel 2011 a ‘L’isola dei famosi’). Le due precedenti, il calcio e la musica, continuano di tanto in tanto a fare capolino, “ma ad un certo punto devi trovare la tua strada e seguirla”, dice oggi, non senza rimpianti per quello che non è stato, ma avrebbe forse potuto anche essere.
E no, se il rossoverde di Rapetti, allora sedicenne portiere della Berretti della Ternana si riduce a tre panchine in prima squadra (al Liberati col Pisa e in trasferta a Zola Predosa, due vittorie rossoverdi, stagione 1996-97 in C2, più quella in coppa a Livorno, nello stesso anno), il cognome importante non c’entra: “Anzi, ero proprio il meno raccomandato di tutti – racconta – visto che mio padre in quell’anno era anche nel consiglio di amministrazione della Ternana (presidente Alberto Gianni ndr), quindi se avessero voluto favorirmi era l’occasione buona. Invece sono andato avanti con le mie gambe ed i miei errori”.
FERITA APERTA. “Il calcio è una ferita nel cuore per me – spiega – non è andata come avrei voluto, però dopo Terni qualche altra esperienza l’ho fatta, quindi vuol dire che un po’ di talento c’era”. Quando gli chiedi cosa non ha funzionato, non ha dubbi: “Quando ero a Terni ero giovanissimo, era la mia prima esperienza lontano da casa, vivevo da solo in un monolocale in via Tre Colonne ed ero troppo emotivo, il classico portiere che alternava grandi prestazioni a prove negative. Poi c’è un altro fatto: io volevo dimostrare il mio valore da solo, ma tutti mi guardavano un po’ storto perchè ero il figlio di Mogol e questo non mi ha aiutato. Col invece tempo ho fatto altri tipi di errori, non ho creduto in me stesso e mi mangio ancora le mani. Inutile nasconderlo, il benessere della mia famiglia mi portava a non credere nei miei mezzi, non mi rendevo conto della fortuna che avevo di essere entrato in questo mondo, io volevo bruciare le tappe: ero in serie C2 e mi chiedevo perché non fossi in serie A”.
LE TAPPE. Alla Ternana Rapetti (oggi Rapetti Mogol, come da rettifica anagrafica) arriva mentre il padre vive a Toscolano Umbro, dove ha fondato il Cet, il centro di preparazione musicale: Gianfardoni, Narni 95 e Narnese le tappe prima di arrivare alla corte di Danilo Pierini. Dopo l’anno a Terni passa al Mantova dove lo allena l’ex juventino Marino Magrin: “Ho avuto un attacco di depressione e sono scappato dal ritiro e non so come mai non mi abbiano cacciato”, spiega. “Davo per scontato alcune cose del benessere, come per esempio andare al mare d’estate, quindi ai ritiri ero allergico. Non agli allenamenti: ricordo quelli con Pierini a Terni, era un vero sergente di ferro ma li facevo con piacere, mi ha insegnato tanto e con alcuni compagni mi sento ancora”. Dopo qualche anno nel Csi, lo nota Stefano Eranio, che lo porta con sé al Legnano del presidente Marco Simone, sempre in C2: “Ho fatto un anno da secondo portiere, ma anche lì avevo lo stesso problema del ritiro… Succedesse oggi, sarei in ritiro tutta l’estate…”.
Dell’esperienza di Terni, serba comunque ottimi ricordi: “Senz’altro una delle più belle della mia vita, mi ha forgiato, visto che ero giovanissimo. Ho imparato tanto dai due portieri che avevo davanti, Verderame e Bini, due grandi persone oltrechè ottimi giocatori. Si era creata una famiglia, anche con Pierini è nato un bel rapporto, allora era più burrascoso. Del Neri? Mi sono allenato spesso con lui, era pragmatico e distaccato: da lui non avevi mai una pacca sulle spalle, anzi si faceva molto rispettare e credo debba essere così, altrimenti non funziona”. Tra i flashback di quagli anni ne sottolinea uno: “Mi prendevano in giro per gli scarpini colorati gialli e neri – dice – ma oggi li portano tutti”. Un altro lo raccontano le cronache del tempo: Andrea Caverzan gli aveva affibbiato un curioso nomignolo: “Sei il figlio di Mogol, quindi sei Adesso…Rete”, gli diceva scherzando.
MUSICA E FUTURO IN PANCHINA. Terni tornò ad interessarsi di lui nel 2008, quando partecipò, senza successo, alla sezione Giovani di Sanremo col brano ‘Come un amante’: “E’ stato un errore della mia vita, l’ho rimosso“, dice oggi con serenità. Musica però continua a farne e scriverne: “In questi giorni chiuso in casa ho ricominciato a scrivere, ma è stato più un tentativo che altro: penso che quando vai in giro per due anni a far sentire le tue cose col cappello in mano, vuol dire che quanto meno sei fuori contesto. Ora faccio tv e spettacolo da dieci anni e sto bene così”.
Il calcio invece, nella sua testa gira ancora. Non solo per la Nazionale Cantanti, della quale è uno dei portieri: “Ho ancora talmente rabbia dentro che l’anno scorso ho fatto il corso Uefa da allenatore e i primi esami. Voglio andare avanti coi prossimi step, perché il mio sogno è prendermi la rivincita sui campi di calcio, ma stavolta, dalla panchina…”